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Biancaneve e i sette nani

SnowWhite and the seven Dwarfs                                                           

 a cura di Fulvia Geracioti

 

 

 

Genere: Animazione

 Anno: 1937

Regia: David Hand

Soggetto: Fratelli Grimm

Sceneggiatura: Dorothy Ann Blank, Richard Creedom, Merrill De Maris, Otto Englander, Earl Hurd, dick richard, Ted sears, Webb Smith

Scenografia: S. Armstrong, m.Nelson, p.Dike, M.Cox, r.Lockrem, c.Coats, M.Noble

Art director: Ken Anderson, Tom Codrick, Hugh Hennesy, Harold Miles, Kendall O'Connor, Charles Philippi, Hazel Sewell, Terrell Stapp, McLaren Stewart, Gustaf Tenggren

Character design: Albert Hurter,

Joe Grant

Animatori: Hamilton Luske, Fred Moore, Bill Tytla, Norman Ferguson, Frank Thomas, Les Clark, Dick Lundy, Fred Spencer, Art Babbitt, Bill Roberts, Eric Larson, Bernard Garbutt, Milt Kahl, Grim Natwick, Robert Stokes, Jack Campbell, James Algar, Marvin Woodward, Al Eugster, Shamus Culhane, Cy Young, Stan Quackenbush, Joshua Meador, Ward Kimball, Ugo D'Orsi, Wolfgang Reitherman, George Rowley, Robert Martsch

 

Musiche: Frank Churcill, Leigh Harline, Paul J. Smith

Produzione: Walt Disney

Distribuzione: RKO Radiop Picture

Paese: USA

Durata: 83 Min

 TRAMA

La perfida regina ordina al suo cacciatore di uccidere Biancaneve che lo specchio parlante ha definito la più bella del reame. La ragazza fugge. Guidata dagli animaletti del bosco, arriva alla casa dei sette nani. Eolo, Mammolo, Pisolo, Brontolo, Dotto, Gongolo e Cucciolo la accolgono e la proteggono. Quando la regina, trasformatasi in strega, arriva per ucciderla, i nanetti inseguono la cattiva che precipita da un burrone. Biancaneve, vegliata dai suoi amici come morta, torna in vita quando viene baciata dal giovane principe innamorato.

 

 

 

RECENSIONE

Riduzione cinematografica riveduta dell’omonima fiaba dei Fratelli Grimm

Disney  I CLASSICI  1 cartone animato,1937

 

Il film è il primo  cartone DISNEY  tratto dalla raccolta di fiabe dei fratelli Grimm; il cartone si discosta in alcuni punti – per lo più per  sottrazione di eventi – dal testo originale;  ma essendo  le fiabe formate da materiale  numinoso, ovvero  intrapsichico, i nuclei portanti sono pressoché preservati, come sarà sottolineato in seguito. La tecnica d’illustrazione è l’acquerello  a tutta scena, vale a dire che hanno visibilità narrativa non solo i personaggi umani: la foresta, il giardino, gli animali , il cielo prendono i colori dei sentimenti che la scena vuole esprimere.

 Questa globalità e coralità scenografica  ha un effetto particolarmente coinvolgente, rafforzativo dei temi affascinando sia  i  piccoli spettatori che gli adulti, veicolando intuitivamente i messaggi. Le scene positive sono caratterizzate da luce diffusa, da tratti morbidi, ricche di elementi naturali che partecipano agli eventi non marginalmente ma come  rafforzativi dei contenuti; altrettanto dicasi delle scene di pathos in cui  prevalgono colori scuri, il nero, il violaceo, i bagliori di tempesta ed il paesaggio e gli animali che lo abitano, per lo più umanizzati nelle espressioni del viso, amplificano gli eventi sollecitando risonanze interiori.

Anche la musica è protagonista e non sottofondo e le melodie  danno maggior corpo alla storia. In particolare i  crescendo delle scene drammatiche  suscitano nei piccoli spettatori una eccitante paura, poiché le fiabe propongono conflitti interiori che esse stesse risolvono.

All’uscita del film di animazione nel 1937 in  America ( In Italia esce l’8 dicembre dell’anno successivo) la critica fu prevalentemente negativa, addirittura scandalizzata perché ai bambini era stato proposto un film pieno di contrasti, di tensione,di scene crude e di sentimenti negativi .

 I genitori giudicarono la storia ” estrema” nelle scene della lotta tra la matrigna e Biancaneve, nelle fughe nel bosco minaccioso prima di Biancaneve e poi di Grimilde. L’esemplificazione della lotta tra male e bene si pensò suscitasse nei piccoli e nelle bambine conflitti interiori e paura della morte, dimostrando di non conoscere i propri figli o non ricordare la propria infanzia quando la paura ha un fascino elettrizzante, quando piace sfiorare scene di terrore leggendo nel calduccio protetto del proprio lettino.

Piacque , invece, la grazia la dolcezza e l’operosità di Biancaneve che confermava le virtù della femminilità americana pre- bellica.  Fino all’entrata  dell’America nella II guerra mondiale, infatti, il perbenismo della middle class aveva creato, attraverso le convenzioni sociali e i media, uno stereotipo di femminile che viveva le fasi della vita, dall’infanzia alla giovinezza, come apprendistato ad un destino matrimoniale fermamente codificato. Le bambine erano graziosamente agghindate come “piccole donne”: nastri, boccoli, guantini e cappellini. I loro giochi erano bambole e servizietti da tè, da cucina ecc. Alle ragazze era concesso frequentare le scuole superiori  come complemento del percorso educativo che dava anche modo di frequentare un certo tipo di ragazzi da cui essere prescelte per un matrimonio “da favola” appena finito il College. Dopo di che, la giovane, avvenente o intelligente o dotata per una carriera non domestica, lasciava ogni ambizione diversa dall’essere una brava “mogliettina” e madre e la storia si ripeteva ad libitum.

Effettivamente la Biancaneve del cartone disneyano può incarnare l’ideale della fanciulla americana: è bella, gentile, servizievole, allegra, vive i suoi giorni nell’attesa del principe che la sposi e le dia la felicità.

La fanciulla delineata dai fratelli Grimm è di poco ,ma sostanzialmente diversa dalla figura disneyana, come se l’eroina fosse sempre la stessa ma fosse cambiato il punto focale; la fiaba, infatti, non contiene marcati elementi sessisti perché lo scopo dei Grimm non era di attrarre pubblico quanto di preservare il patrimonio orale così antico e universale.

 

 

Il cartone animato presenta Biancaneve  già adolescente, circondata da una natura fiorita e da uccellini festosi che l’assistono mentre lei allegramente e diligentemente  lava e strofina. Si sa dalla voce fuori campo che le è morta la madre e Grimilde, la matrigna, la maltratta perché gelosa della sua bellezza. In termini psicanalitici la gelosia rappresenta il passaggio di consegne tra giovane e adulta e non ha valore negativo, bensì trasformativo.

            La fiaba inizia con la regina  sua madre, che ricama accanto ad una finestra d’ebano e guarda la distesa di neve che imbianca il paesaggio. La Regina si punge il dito ed una goccia cade sulla neve e lei sospira trepidante :”Vorrei una bimba bianca come la neve, con le labbra rosse come il sangue e i capelli neri come l’ebano”. I tre colori rappresentano le principali forze alchemiche: nigredo, albedo, rubedo e la prima possibile analisi intrapsichica della fiaba. La madre muore nel darla alla luce ed anche il topos della morte a cui segue una rinascita si inserisce  nell’analisi psicoanalitica.

            Nella riduzione cinematografica si vede una scena dai forti colori quando Grimilde, di una bellezza prepotente, sessualmente matura, chiede allo specchio chi sia la più bella del reame. La risposta che Biancaneve " è più bella di lei" ne scatena l’ira e la vendetta per cui da’ incarico ad un cacciatore perché la uccida e le porti il cuore a riprova dell’avvenuta morte.

            Nella fiaba il cacciatore ha , invece, l’incarico di portare a Grimilde il fegato ed i polmoni, organi archetipici, che mangiati infondono forza e coraggio: ella li mangia convinta di introiettare la giovinezza e la bellezza di Biancaneve.

            Nella terza scena appare già il Principe che scioglie un canto d’amore alla rapita Biancaneve che , presa d’amore, anela solo a sposarlo e questo desiderio fortissimo la porterà alla fatale trasgressione.

            Nella fiaba il principe compare solo alla fine e non è il diretto autore del risveglio di Biancaneve con un bacio.  Nelle due versioni la figura del principe è vista junghianamente come l’animus laddove Biancaneve rappresenta l’anima ed il loro incontro da’ origine alla personalità completa. Ma, la versione animata fa pensare ad una fanciulla che s’innamora e immagina che la sua felicità,  ed anche lo scopo della sua vita, si realizzi solo nel matrimonio, attraverso un uomo che è il suo salvatore ed il suo fine.

            Dopo la libertà che le da’ il cacciatore (altro tratto sessista: Biancaneve implora, non si difende con l’azione) il cartone presenta l’intensa scena della fuga nel bosco dell’eroina. La musica in crescendo, i pericoli della foresta, la furia degli elementi, i chiaroscuri violenti, il pauroso riflesso degli occhi degli animali rappresentano per i bambini, ma anche nella lettura intrapsichica, i sentimenti di angoscia nell’affrontare l’ignoto. Alla fine della prova Biancaneve scopre che gli animali che la terrorizzano sono invece i suoi amici. Questa scena attirò le critiche di violenza del primo pubblico americano, mentre per gli esperti della psiche essa in realtà è una scena catartica poiché ad una reazione e all’anelito di salvezza corrisponde una soluzione positiva del conflitto, quando le paura si superano e "si cresce".

             Nel film la casetta è in uno stato di estremo disordine. Al solito la fanciulla allegramente lava, riordina, cucina, rifà i letti, cantando e danzando, quasi a significare che è solo  quello che sa fare, che ci si aspetta da lei  che sia una assennata donnina di casa.

             Nella fiaba scritta la capanna è in estremo ordine, tutto brilla, i letti sono rifatti, la tavola è apparecchiata ed il cibo è nelle scodelle. Biancaneve, stanca dopo il grande spavento, assaggia un po’ di tutto e poi  si sdraia sul settimo lettino che è abbastanza grande da contenerla. I nani,al rientro, si accorgono che la tavola è manomessa e salgono a vedere chi sia l’intruso. Trovano la fanciulla serenamente addormentata ed ognuno di essi, a secondo dell’aspetto del carattere  impersonato, esprime il suo parere. Di fronte all’innocenza del sonno di Biancaneve, vanno a riposare aspettando che la fanciulla si svegli per conoscerla e decidere il da farsi. Sappiamo che ciascun nano maturerà un giudizio positivo e tra loro e Biancaneve ci sarà un patto di reciproca assistenza:  i nani lavoreranno in miniera e Biancaneve accudirà la casa.

            Intanto  Grimilde , sicura di essersi sbarazzata della rivale,  interroga lo specchio e va su tutte le furie scoprendo la verità. E decide di farla fuori personalmente.

            Anche in questo episodio il film si discosta dalla fiaba. Nel film La Regina si trasforma in strega, prepara la mela ( sono preservati gli elementi alchemici nella preparazione della pozione avvelenata) e corre alla casetta dei nani. Il frutto mortifero è la mela dei desideri " solo un morso e ogni tuo desiderio si avvererà", le dice. Sappiamo che la mela, dopo l’episodio di Eva, rappresenta il frutto tentatore per eccellenza e la fanciulla è talmente presa dal suo desiderio di sposare il principe che, dopo qualche titubanza, accetta il malefico dono.

             Nella fiaba le cose sono un po’ più complesse: i tentativi di Grimilde sono tre: il laccio per ornare il collo, il pettine e infine la mela. Essa si traveste dapprima da merciaia e poi da contadina. Le prime due volte i nani riescono a salvarla, l’ultima volta arrivano troppo tardi.        Dunque Biancaneve disobbedisce al divieto di dar retta agli sconosciuti per ben tre volte. La reiterazione della disobbedienza  può essere interpretata anche come le possibilità di errore che si danno prima della condanna definitiva; inoltre il tre è il numero magico per eccellenza  con forti significati esoterici.

            Nel film la fanciulla mangia la mela e muore, e ai nani non resta che piangerla e metterla in una bara di vetro circondata di fiori e degli animali del bosco che le furono amici. Giunge il Principe a svegliarla con un bacio e a portarla con sé coronando il sogno di Biancaneve.

            I fratelli Grimm, raccontano un finale altrettanto lieto, ma  più ricco di elementi intrapsichici e simbolici.

             Intanto la bara di cristallo viene visitata da tre animali che incarnano  tre istanze simboliche: la civetta, il corvo e la colomba. Il principe andando a caccia capita per caso nella spianata dove si trova la bara ed è lui che si invaghisce della bella fanciulla; chiede ai nani di cedergli la bara, anche a peso d’oro, ma dapprima ottiene un rifiuto deciso, infine implora che gli venga regalata perché l’avrebbe custodita ed onorata come la cosa più cara. I 7 nani, commossi dal sincero amore manifestato acconsentono. Il principe ordina ai suoi servi di caricarsi la  bara a spalla  e di  portarla al castello. Nel percorso i servi inciampano,la bara cade e  si frantuma. Biancaneve per contraccolpo, sbalzata a terra, sputa il boccone di mela avvelenata e risuscita. Ed è allora che il Principe le offre il suo amore e la chiede in sposa. E’ evidente che il finale rappresenta un sostanziale capovolgimento della situazione disneyana: non è la fanciulla che attende il suo salvatore (in termini psichici il completamento di sé), ma è il principe, ovvero il maschile, che si propone.

            Come in ogni fiaba, il lieto fine è assicurato: si celebrano le nozze,s’invitano ospiti illustri tra cui la regina Grimilde che ignara si reca ad omaggiare la nuova regina. Il suo stupore è da immaginarsi e la sua punizione è crudele: è costretta a ballare  indossando scarpette di ferro arroventato finché ne muore.

            Nel film Grimilde si getta in un precipizio dopo una fuga drammatica che nelle scene riecheggia la fuga di Biancaneve ma, mentre quest'ultima si conclude con un esito positivo,la fuga della Regina termina con la morte, a significare che l'aspetto negativo è definitivamente sconfitto e nasce Biancaneve donna e regina.

            Le fiabe, ma anche i film, si prestano a diverse letture per ogni età perché per esse è vero quel che si dice dei miti ossia che siano vicende mai accadute  nel tempo  eppure sempre presenti dentro di noi.

 

 
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